domenica 19 aprile 2009

Lottare per un femminismo antifascista, antirazzista e anticapitalista (anche se non è sempre facile)


No, non è facile. E non tutte sono disposte a farlo (o ne sono capaci ). Perché lottare per un femminismo che sia insieme antifascista, antirazzista e anticapitalista significa avere conoscenza storica (e consapevolezza politica) di lotte condotte, spesso ai margini, da donne ben lontane dai "centri di potere", anche di quelli di un certo femminismo mainstream (penso in particolare alle lotte e ai contributi teorici delle donne afroamericane e di altre "minoranze" a partire dagli anni 70 e, attualmente, alla pratica teorica e politica di donne impegnate attivamente nella lotta antisessista, antirazzista e anticlassista). No, non è facile, perché lottare per un femminismo antifascista, antirazzista e anticapitalista significa (soprattutto per le donne senza problemi di permesso di soggiorno e lavoro in nero o precario) dover riconoscere in primo luogo i propri "privilegi" e metterli in discussione. Significa rinunciare al pietismo, al paternalismo, all'etnocentrismo. Significa, quando si fa politica, non accettare compromessi in nome della realpolitik o della politica degli interessi, spesso corporativi. Significa anche avere la capacità di mettersi in discussione, e fino in fondo. Di dire, semplicemente, ho sbagliato quando si sbaglia, non ho capito quando non si è capito e non so quando non si sa. Arrampicarsi sugli specchi, giustificare in nome dell'ignoranza (o cattiva fede) altrui la propria, ignorare (volutamente) le prese di posizione di quante con il loro essere non "in linea" rischiano di far saltare i "giochi", non è onesto (dal punto di vista politico, del rigore intellettuale e del rispetto verso gli altr*).
Sullo sfondo di queste mie riflessioni (non nuove) ci sono vicende recenti, in particolare l'uso irresponsabile di un manifesto del Nucleo Propaganda per pubblicizzare un convegno sulla violenza sulle donne e relative "giustificazioni" (e dovrò trovare il tempo e la voglia di intervenire ancora sull'argomento alla luce di interventi pubblicati dopo il mio post qui in Marginalia), ma più in particolare c'è la consapevolezza dell'urgenza di una lotta antisessista, antifascista, antirazzista e anticapitalista. La lotta è oggi quanto mai necessaria e non può risolversi nell'uso di qualche frasetta di circostanza. Abbiamo bisogno di una maggiore consapevolezza teorica e politica, ma per acquisirla (lo ripeto ancora una volta ) c'è veramente la necessità di riflettere (e confrontarsi) intorno a queste questioni, (ed anche un errore madornale può essere utile allo scopo). Bisogna rilanciare e "alzare" il dibattito teorico sulle questioni inerenti l'antifascismo, l'antisessismo e l'antirazzismo (e alcune occasioni di confronto preziose sono sicuramente l'uscita della nuova edizione di Sistren, il ciclo di trasmissioni radiofoniche del Martedì autogestito di femministe e lesbiche su sessismo e razzismo, l'incontro a Bristol della prossima settimana su "razza", privilegio e identità ... ) , ma contemporaneamente è necessario attivarsi (o continuare ad attivarsi) su di un piano più "pragmatico".
Recentemente la storia di Kante, è stata emblematica di una situazione oramai drammatica che ci coinvolge tutte (e tutti), migranti e non (precarizzazione selvaggia del lavoro, uso in termini razzisti e securitari dello stupro, istituzione di ronde, incitamento alla delazione, avanzata di partiti, gruppi e gruppuscoli dichiaratamente xenofobi, antisemiti, omolesbotransfobici e pro-life ...), ma è anche vero che si stanno moltiplicando i segnali, i luoghi e le esperienze di resistenza (e tutto questo va sostenuto).
Mentre nel Centro di identificazione e di espulsione di Lampedusa i tentativi di rivolta dei migranti venivano duramente repressi, ieri a Castelvolturno, circa diecimila persone hanno manifestato contro il razzismo ricordando, a sette mesi di distanza, la strage ad opera della camorra di alcuni migranti, aderendo al percorso Da che parte stare e rilanciando la manifestazione nazionale del 23 maggio proposta dal Coordinamento migranti di Bologna e Provincia che, dopo la cena di autofinanziamento di ieri sera, prepara anche quest'anno la Giornata dei/delle migranti, importante momento di scambio, di festa e di lotta.
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