venerdì 23 ottobre 2009

Sorvegliare e stuprare


Ho rimarcato più volte, qui in Marginalia e altrove (ad esempio in Economia politica dello stupro/ Economia politică a violului) come l'insistere sul fatto che la violenza sulle donne avviene per la maggior parte "in famiglia" o tra le cosiddette "pareti domestiche" fosse un passaggio necessario e obbligato per contrastare/criticare l'uso in termini di emergenza securitaria e di "caccia allo straniero" della violenza sulle donne (che è esercitata in primis , ed è bene ricordarlo sempre, da mariti, amanti, padri, fratelli, conoscenti, molto spesso italianissimi), ma che si rischiava anche, nello stesso tempo, di mettere in ombra altri "luoghi" (ambienti di lavoro, canoniche, ospedali, questure, galere ...) in cui le donne subiscono quotidianamente stupri, molestie e ricatti sessuali. Tra queste diverse "quattro mura" le donne migranti sono i soggetti più ricattabili grazie anche al nuovo "pacchetto sicurezza" che inasprisce regole e vincoli e crea il terreno favorevole a soprusi e ricatti di ogni tipo. Raramente queste vicende vengono (possono essere) denunciate e quando lo sono raramente guadagnano l'onore della cronaca "ufficiale". Non ci è dato sapere quante "badanti" moldave o ucraine sono oggetto di pesanti molestie sessuali dai loro stagionati datori di lavoro, quante donne migranti subiscono ricatti sessuali - in cambio di un "aiuto" per ottenere il permesso di soggiorno -, dal prete o dal poliziotto di turno. Non ci è dato sapere soprattutto delle tante violenze subite dalle donne migranti tra le quattro mura di un Cie, luogo deputato - secondo la retorica razzista in voga nell'Itaglia di Berlusconi, Maroni &CO -, a salvare "noi donne" - "le (nostre) donne" - dalle orde di stranieri , tutti potenziali stupratori. E invece, come denunciato dal presidio itinerante Noi non siamo complici!, è proprio in questi luoghi che le donne migranti subiscono continui ricatti, molestie, stupri da parte di chi si sente forte del ruolo di "rappresentante dell'ordine" e di sorvegliante delle muliebri virtù (bianche), come l'ispettore-capo del Cie di via Corelli a Milano implicato in un tentativo di stupro ai danni di una giovane reclusa nigeriana. Ed è di questi giorni un'altra notizia di violenze "tra quattro mura", quelle di un carcere stavolta: il direttore del carcere di Genova è accusato di aver ripetutamente molestato e costretto a rapporti sessuali una detenuta di origini marocchine. Questa notizia - pubblicata ieri da Il Manifesto e che ho letto nel sito dell'Osservatorio sulla repressione - probabilmente avrà ben poca eco, perché nell'Italia neo-coloniale è solo la virtù della donna italica che va tutelata. Quando serve, ovviamente.
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Nella foto lo striscione delle donne di ActionA (qui la loro lettera alle migranti della Pinar) durante la manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne dello scorso anno a Roma
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